Verso il tempio "1a e 2a conferenza" di Annie Besant

  • 2017

PRIMA CONFERENZA DI PURIFICAZIONE

Se fosse possibile posizionarci con il pensiero in un punto centrale dello spazio da cui vedere il corso dell'evoluzione e studiare la storia della nostra catena planetaria, non tanto nell'aspetto fisico, astrale e mentale dei mondi che lo compongono, come se saremmo rappresentati in modo fantasioso, penso che contemplando questo tipo di umanità evolutiva in quei gruppi in evoluzione , potremmo formare un quadro del tutto. Vedo un'enorme montagna sollevata nello spazio con un sentiero che si snoda lungo la sua gonna fino a raggiungere la vetta, facendo circa sette giri e ad ogni curva sette stazioni dove i pellegrini rimangono per un certo tempo e per i quali devono risalire in cambio. [1] Il sentiero circonda la montagna in una linea a spirale e, una volta raggiunta la cima, conduce a un magnifico tempio, come il marmo bianco, che si erge magnificamente e risplende contro l'azzurro etereo.

Questo tempio è l'obiettivo del pellegrinaggio, e coloro che vi si trovano hanno già terminato la loro carriera per quanto riguarda l'ascesa del monte, e rimangono lì solo per aiutare coloro che stanno ancora salendo. Se osserviamo più da vicino il Tempio per vedere come è costruito, noteremo che al suo centro c'è un Luogo Santissimo o Sancta Sanctorum circondato in cerchi concentrici da quattro atri o recinti, tutti nell'area del Tempio e separati l'uno dall'altro da un circuito murata, in modo che per passare dall'uno all'altro atrio o recinzione, il viaggiatore deve attraversare l'unico portale in ogni circuito.

Quindi, per arrivare al centro del Tempio, tutti devono attraversare i quattro portali successivi. Ma fuori dal tempio c'è ancora un altro recinto, il recinto esterno, dove ce ne sono molti più che all'interno del tempio. Contemplando il Tempio con i suoi Atrios e il sentiero di montagna che si snoda in basso, vediamo in esso un'allegoria dell'evoluzione umana. Il percorso è il percorso che segna la gara e il suo obiettivo è il Tempio. Lungo il sentiero che circonda la montagna puoi vedere una vasta massa di esseri umani, che si arrampicano lentamente, passo dopo passo, a volte cercando come se per ogni passo in avanti ne restituiscano un altro, e sebbene la massa nel suo insieme sia diretta verso l'alto, sale così lentamente che la sua ascesa è appena percettibile. Questa evoluzione eoniana della razza, sempre in ascesa, è così lenta, stanca e dolorosa, che non si comprende come i pellegrini respirino per una salita così prolungata.

Milioni di anni sarebbero necessari per delineare la strada intorno alla montagna e molti altri per seguire le orme di un pellegrino che la ripercorre durante questo periodo in un susseguirsi infinito di vite, tutti usati per arrampicarsi, così che ci stancheremo di contemplare queste innumerevoli folle che così lentamente si arrampicano camminando avanti e indietro mentre salgono sul sentiero a spirale. Perché salgono così lentamente? Quanto dura il viaggio di questi milioni di uomini? Perché si sforzano sempre di raggiungere il Tempio che sorge sulla cima? Guardandoli sembra che stiano camminando così lentamente perché non vedono il loro obiettivo o non sanno in quale direzione stanno camminando.

Quando osserviamo l'uno o l'altro sul sentiero, li vediamo sempre deviare, attratti da lì o ululati e senza scopo nella loro deviazione. Non vanno dritti come se avessero avviato un'attività, ma vagano da una parte all'altra in modo che i bambini corrano per catturare un fiore qui o cacciare una farfalla lì. Quindi sprecano tutto il tempo e non sono avanzati molto quando la fine della marcia del giorno arriva la notte. Guardandoli sembra che anche il loro lento progresso intellettuale non abbia accelerato il ritmo. Quelli di intelligenza scarsamente sviluppata vanno a dormire dopo ogni giorno di vita quasi nello stesso posto in cui erano il giorno prima; e anche quelli di intelligenza superiore camminano molto lentamente e avanzano a malapena in ogni giorno della vita. Vedendoli così sollevarsi, i nostri cuori sono dispiaciuti e siamo sorpresi che non guardino in alto per capire la direzione in cui conduce il loro cammino.

Per quanto riguarda il recinto esterno che alcuni pellegrini hanno raggiunto, non solo si raggiunge seguendo il percorso a spirale della montagna, ma è raggiungibile da vari punti di questa strada, tramite scorciatoie che invece di andare in giro per la montagna, si aprono dritti attraverso le loro gonne e possono essere attraversati dal pellegrino dal cuore coraggioso e dai membri robusti. Mentre indaghiamo la causa di alcuni che trovano un percorso più stretto rispetto ai loro compagni per raggiungere la recinzione esterna, vediamo che il loro primo passo è quello di allontanarsi dal percorso a spirale fatiscente e andare direttamente alla recinzione esterna, che può essere raggiunto da qualsiasi punto della strada quando l'anima che gira da millenni ha riconosciuto per la prima volta che il suo viaggio ha uno scopo e persino momentaneamente percepisce uno scorcio del Tempio eretto in cima.

Perché questo alto tempio irradia la sua luce attraverso la gonna della montagna e per un momento si distingue per il pellegrino che distoglie con successo gli occhi dai fiori, dai ciottoli e dalle farfalle della strada, e poi Anche quando è momentaneamente illuminato, non è più completamente lo stesso di allora, sebbene, istantaneamente, abbia riconosciuto un obiettivo e uno scopo. Per un momento ha intravisto la vetta verso cui sale e ha scoperto il ripido, ma molto più breve sentiero che porta dritto in salita, oltre il quale splende il Tempio. Oltre al rodeo che porta giù per la gonna della montagna, gira anche su se stesso, in modo che ogni giro della montagna abbia sette giri che richiedono molto tempo in esecuzione. Pertanto, nel momento in cui si intravede l'obiettivo e si rende conto che invece di salire per tutti e sette i giri e la moltitudine di piccoli rodei del percorso ascendente, è possibile prendere il percorso che conduce direttamente allo sguardo obiettivo, quindi l'anima capisce che questa scorciatoia si chiama Servizio ed è necessario accedervi attraverso una porta il cui architrave brilla con lettere d'oro lo slogan: Servizio dell'Uomo.

L'anima comprende quindi che anche prima di arrivare alla recinzione esterna del tempio, deve attraversare questa porta e convincersi che la vita ha uno scopo di servizio e non di egoismo, e che l'unico modo per salire più rapidamente è aiutare a scalare il in ritardo in modo che tutti ricevano un aiuto più efficace dal Tempio di quanto fosse altrimenti possibile. Come ho detto, l'anima ha solo uno sguardo istantaneo, un fulmine che brilla e svanisce in un momento, perché solo uno dei raggi di luce che sgorga dalla cima della montagna fa male, e poiché ci sono così tanti e così attraenti gli oggetti sparsi lungo il sentiero tortuoso, diventano facilmente lo sguardo dell'anima. Tuttavia, una volta vista la luce, è possibile rivederla più facilmente, e quando l'anima ha persino avuto una rappresentazione fugace e fantasiosa dell'obiettivo delle sue azioni e del dovere e dell'efficienza del servizio, c'è sempre il desiderio calpestare il breve sentiero che giustamente conduce in salita al recinto esterno del tempio. Dopo questa prima visione, i passeggeri ogni tanto brillano, e dopo giorni di questa prolungata salita, l'anima ha ancora una volta un altro barlume di quella forse precedente.

Quindi vediamo che le anime che anche per un momento hanno riconosciuto lo scopo e lo scopo della vita, iniziano a sollevarsi con maggiore risoluzione rispetto ai loro compagni, e sebbene continuino a seguire il sentiero tortuoso, praticano la virtù più saldamente e professano con sincera persistenza il religione che insegna loro a salire sul pendio e come raggiungere finalmente il Tempio. Così le anime che hanno intravisto questo possibile termine e sono attratte dal sentiero che lo conduce, si distinguono in qualche modo dagli altri per la loro diligenza e vigilanza, e vanno in prima linea nell'innumerevole moltitudine che sale il sentiero. Queste anime camminano più velocemente perché hanno uno scopo preciso nel loro viaggio, comprendono la direzione che stanno prendendo e, sebbene in modo molto imperfetto, continuano a marciare verso un ideale e si sforzano di vivere per un certo scopo.

Ma anche se riconoscono a malapena la vera natura di questo scopo, perché hanno una vaga intuizione piuttosto che il concetto esatto del loro percorso, non vagano più da un posto all'altro, non appena si alzano un po 'ma si abbassano, ma salgono risolutamente dalla strada tortuosa e ogni giorno avanzano qualcos'altro fino a quando non sono chiaramente posizionati alla testa delle moltitudini nella spiritualità della vita, nella pratica della virtù e nel crescente desiderio di servire gli altri. In questo modo camminano più velocemente verso la cima, sebbene continuino a percorrere la strada tortuosa, sistematicamente si disciplinano e cercano di aiutare i loro compagni di classe in modo che possano arrampicarsi allo stesso ritmo di loro. Comunque vadano un po 'più veloci, tengono sempre le mani intorno a sé per incoraggiarli a salire più rapidamente lungo il cammino.

Improvvisamente, gli aiutanti e gli aiutanti che amano e servono trovano sulla loro strada una bella figura, sebbene a prima vista di un aspetto un po 'testardo, che parla loro e dice loro qualcosa di un percorso più breve. Sappiamo che questa figura che si realizza è Conoscenza, che sussurra all'orecchio le condizioni di un progresso più rapido. La religione che li ha aiutati a praticare la virtù è, per così dire, sorella della Conoscenza, e il Servizio dell'Uomo è anche loro fratello. Questa fratellanza trinitaria prende quindi il sopravvento sull'anima fino alla fine di un'alba più piena e ne consegue un riconoscimento più pieno, in modo che l'anima definisca più precisamente lo scopo della sua ascensione e invece di contrarsi per sognare in futuro Incorpora in modo specifico questo sogno nel suo scopo e riconosce che il servizio è la legge della vita. Con un'intenzione deliberata, la promessa di aiutare il progresso dell'umanità fluisce dolcemente dalle labbra dell'anima.

È il suo primo voto ad arrendersi mai al servizio della corsa, e sebbene non ci sia ancora un disegno completo in questo voto, ciò implica la sua promessa. Dice una certa Scrittura che uno dei grandi Esseri ha trovato il Sentiero breve e ha salito il sentiero accidentato abbastanza rapidamente da lasciare indietro tutta la sua razza e rimanere solo all'avanguardia come prima e promessa dell'umanità. Fu lui che in epoche successive raggiunse la dignità di Buddha, e si dice che perfezionò il suo kalpa dopo il voto di kalpa perché il lavoro che doveva coronare la sua vita aveva la promessa di servizio come inizio. Questo voto dell'anima lo collega ai grandi Esseri precedenti e costituisce, per così dire, il legame che lo attira verso il Sentiero probatorio che lo conduce alla stessa entrata del Tempio attraverso la Recinzione Esterna .

Alla fine, dopo molte vite di faticosi sforzi in cui uno dopo l'altro l'anima cresce in purezza, saggezza e nobiltà, manifesta chiaramente e distintamente la sua volontà già ferma; e quando questa volontà viene dichiarata in uno scopo esplicito e definito, non come il mormorio che brama ma come la parola che comanda, allora questa volontà risoluta bussa alla porta d'ingresso della recinzione esterna del tempio e bussa con colpi che nessuno può ignorare, perché coinvolgono l'energia dell'anima determinata per avere successo e hanno imparato abbastanza per avvertire l'entità del compito che stanno per svolgere. L'anima alla porta del recinto esterno sa cosa si sforza di realizzare e realizza l'enormità delle difficoltà che l'attendono. Poiché il compito non è altro che trascendere la tua razza, a quella stessa razza che deve salire sfogliando innumerevoli millenni in una successione faticosa da globo a globo della catena planetaria. L'anima coraggiosa che bussa alla porta della recinzione esterna intende scalare l'intera montagna in poche vite umane e arrampicarsi passo dopo passo lungo il pendio più ripido per seguire il sentiero che giustamente conduce al Luogo Santissimo.

Si propone di esibirsi nello spazio del tempo che copre alcune vite, tutto ciò che la razza deve impiegare una miriade di vite per compiere. Questo compito è così colossale che il cervello è abissato dalle vertigini prima della sua difficoltà. È così grande che si potrebbe quasi dire all'anima che la intraprende che sta già cominciando a convincersi della sua divinità e dell'onnipotenza in essa, perché è sicuramente un compito degno di un Dio da svolgere in poche vite, dal punto del ciclo in cui ora c'è l'umanità, tutto ciò che l'umanità nel suo insieme deve fare non solo nelle razze che mancano ancora al round attuale ma in quelli futuri.

Il compimento di questo compito significa che il potere divino è perfezionato nella forma umana. La porta si apre quando viene chiamata l'anima, che entra nella recinzione esterna dove deve andare passo dopo passo fino a raggiungere il primo dei quattro portali delle grandi Iniziazioni che conducono al Tempio. Ma nessuna anima può oltrepassare il primo portale che non ha abbracciato per sempre l'Eterno e si è staccato dal suo interesse per le cose transitorie che lo circondano, perché una volta che l'anima entra nel primo recinto interno del Tempio, che attraverso le altre tre portano al Luogo Santissimo, non se ne vanno mai più. Ha scelto la sua fortuna per tutti i futuri millenni ed è in un posto che nessuno lascia dopo averci inserito. La prima grande Iniziazione appartiene all'interno del Tempio; ma l'anima di cui tracciamo i progressi non fa altro che prepararsi nell'Involucro esterno affinché le vite future passino attraverso le sette fasi che conducono al primo portale, in attesa che gli venga permesso di attraversare l'architrave del Tempio.

Pertanto, quale dovrebbe essere il tuo lavoro nel recinto esterno? Come può governare la sua condotta essere degna di bussare alla porta del Tempio? Tale è il problema che affronterò anche se posso solo essere d'accordo con la minoranza di ascoltatori e lettori, ben so che quando descrivo la recinzione esterna, posso dire qualcosa che può sembrare spiacevole e persino ripugnante. È abbastanza doloroso trovare il percorso della recinzione esterna e la pratica della religione e l'esercizio delle virtù che consentono all'anima umana di bussare alla porta di questa recinzione esterna che circonda il tempio non è difficile e coloro che vi entrano sono progrediti molto. nel suo passato, anche se senza dubbio la vita che deve essere presa lì sembrerà molto poco attraente per coloro che non hanno ancora riconosciuto definitivamente l'oggetto e lo scopo della loro esistenza. Perché va notato che nella custodia esterna ci sono solo quelli che si sono risolutamente dedicati al servizio; chi invece ha dato tutto senza chiedere nulla, ma il privilegio di servire; che riconoscono a tutti la natura transitoria delle cose terrene e, concretamente assumendo il compito che intendono svolgere, voltano le spalle ai sentieri fioriti che circondano la montagna, con la ferma determinazione di salire attraverso di essa, a qualunque costo e nonostante gli sforzi quotidiani che devono essere fatti nella rapida successione dei giorni della sua vita.

Molto deve essere combattuto nel recinto esterno, perché c'è anche molto da fare lì in breve tempo. Per chiarezza di spiegazione ho diviso in cinque parti, aspetti o fasi il compito dell'anima nella recinzione esterna; ma è risaputo che in realtà non esistono simili divisioni, aspetti o fasi, perché devono essere rispettati contemporaneamente nel miglioramento simultaneo. Ho dato a queste divisioni arbitrarie i titoli di: Purificazione, Governo del pensiero, Formazione dei personaggi, Alchimia spirituale e Sull'architrave. Ripeto che ognuna di queste divisioni non deve essere presa separatamente, poiché tutto ciò che significano deve essere fatto allo stesso tempo ed è un'opera simultanea dell'anima che trascorre le sue vite nella recinzione esterna, dovendo eseguirla anche parzialmente prima osare raggiungere la porta del tempio. Ci occuperemo successivamente di queste divisioni al fine di comprenderle meglio; ma deducendo dal loro profilo, che l'anima non ha bisogno di soddisfarli con ogni perfezione, ma solo parzialmente, per raggiungere il portale della prima Iniziazione. Gli basta combattere con un certo successo, capire il suo lavoro e farlo diligentemente, perché quando lo adempirà perfettamente, entrerà nel Luogo Santissimo.

Pertanto, parte del suo lavoro deve essere la purificazione della natura inferiore fino a quando tutte le sue molecole vibrano in perfetta armonia con il superiore; fino a quando tutto è puro quando appartiene all'aspetto temporaneo dell'uomo che chiamiamo personalità e non è l'individuo permanente ma solo l'insieme di qualità e caratteristiche che l'individuo circonda nel corso di Ognuna delle loro varie vite. La personalità costituisce le qualità e gli attributi esterni che circondano e di cui è coperta l'anima, portandoli a volte con l'uno dall'altra vita; tutto ciò che serve per reincarnarsi; ciò che elabora durante l'incarnazione; e, infine, quanta individualità permanente attira intorno a lui durante la vita terrena e la cui essenza assorbe per infondere nel suo sé eterno ed in evoluzione.

Sinnett ha recentemente usato la frase: fedeltà al Sé Superiore, che simboleggia molto bene la situazione dell'anima al momento di entrare deliberatamente nell'Involucro Esterno e di vedere il lavoro prima che si estenda. È una frase molto utile, quando ben compresa, per descrivere l'atteggiamento dell'anima in tali circostanze, perché significa la decisione deliberata di ripudiare tutto ciò che è temporaneo e appartenente alla personalità, di Fortunatamente, tutte le vite che devono essere trascorse in questo mondo sotterraneo vengono utilizzate per raccogliere materiali utili per trasmetterle all'Io che vive e cresce da ciò che la personalità offre. Significa anche che la personalità o il sé inferiore deve avvertire che è essenzialmente uno con il Sé superiore, quindi la sua azione nel mondo deve essere quella del tempo. Neo agente che raccoglie quanto ho bisogno del perpetuo, e quindi deve decidere di dedicare tutta la sua vita terrena a questo servizio, perché lo scopo della vita è semplicemente la raccolta di materiali trasmissibili al Sé superiore che è davvero l'essenza della personalità e mediante l'assimilazione dei materiali raccolti si qualifica per formare l'individualità sempre crescente, superiore in ogni caso alla personalità di una vita.

Fedeltà al sé superiore significa il riconoscimento da parte del inferiore di questo servizio, vale a dire che il sé inferiore non vivrà più per se stesso più tempo ma con lo scopo di servire il duraturo ; e così tutta la vita passata nella recinzione esterna è di stretta fedeltà al Sé Superiore e ogni lavoro fatto lì deve essere a beneficio della grande Entità già riconosciuta come il vero Sé che deve resistere attraverso i secoli e deve raggiungere una vita sempre più piena attraverso il servizio deliberato e leale che il messaggero gli dà inviato al mondo esterno. Le principali Sacre Scritture del mondo parlano di questo lavoro dicendo che è il passo preliminare per il felice incontro dell'anima, e in una delle Upanishadas più importanti si legge che per trovare un uomo la sua anima la prima cosa che deve fare è allontanarsi dal strade dissestate.

Bene, immagino l'anima nel punto in cui sta eseguendo questo lavoro, anche se suppongo che sia già stata rimossa dalle cattive strade prima di entrare nella recinzione esterna, perché coloro che vi entrano non sono più soggetti a tentazioni volgari della vita terrena, perché li hanno trascesi e si sono incarnati nella vita che li vede all'interno del recinto esterno, si saranno almeno separati dalle cattive strade, smettendo di camminare volentieri per loro. Se si trovano in una di queste strade dissestate, sarà per un certo slittamento, immediatamente trattenuto, perché saranno nati nel mondo con uno stato di coscienza che disgusta a seguire l'iniquità quando la giustizia appare davanti ai loro occhi . E sebbene la coscienza, non ancora pienamente esperta, a volte possa offuscarsi nelle elezioni e scegliere il male prima di entrare nella recinzione esterna e anche dopo essere entrata, è comunque fervidamente desiderosa di scegliere il bene.

Il sé inferiore non si opporrà deliberatamente a questo desiderio, perché chiunque contraddica intenzionalmente la voce della coscienza non è ancora entrato o è in alcun modo disposto a entrare nella recinzione esterna . Le anime che vi entrano sono almeno determinate a combattere per il bene e obbediscono allegramente alla voce della coscienza che ordina loro di sceglierla, senza mai disobbedire deliberatamente. Vengono al mondo con gran parte del loro percorso ascendente già percorso e con una determinata volontà di migliorare il loro comportamento il più possibile. Dovranno essere nel recinto esterno non solo con le maleducate tentazioni mondane ma con il sottile e ardente che assalisce l'anima quando deve abbreviare il numero delle loro vite e scalare rapidamente il pendio della montagna. Quindi non dovresti perdere tempo in schermaglie con tentazioni o nella lenta acquisizione della virtù, perché quando raggiungi i limiti della Recinzione esterna del Tempio devi continuare senza sosta.

Incontrerà difficoltà e sarà tentato da intenzioni intellettuali, come l'ambizione, l'orgoglio e la presunzione dei suoi progressi e la fermezza egoistica per il proprio successo. Ma non solo l'anima sentirà questa vigorosa spinta di ambizione e orgoglio che solleverebbe egoisticamente una barriera tra sé e coloro che si trovano in una situazione più bassa, ma anche il desiderio di conoscenza egoistica di usarla piuttosto che a scopo di lucro. del mondo Questa tentazione si maschera con la maschera dell'amore per la conoscenza e la verità per se stessi; ma quando l'anima vede in modo più chiaro e acuto, scopre che questo presunto desiderio di amore non è altro che il desiderio di separarsi dai suoi vicini, di possedere ciò a cui non possono partecipare e di sostenere ciò che non darà loro di godere. Questo sentimento di separatività è uno dei maggiori pericoli dell'anima in evoluzione, e sebbene sia entrato nell'Involucro esterno, sarà tentato dal fiero desiderio di apprendere, prosperare e superare al fine di raggiungere esclusivamente per sé ciò che gli altri non ottengono.

L'anima vedrà la conoscenza alla sua portata immediata e vorrà acquisirla; Vedrai il potere vicino alla tua mano e vorrai esercitarlo. Sebbene questo desiderio abbia come motivo principale il servizio agli altri, è possibile che sposta anche l'ambizione di superiorità per l'anima e si pieghi per innalzare una recinzione che racchiude nel suo vantaggio egoistico la conoscenza e il potere acquisiti. Tuttavia, non ci vuole molto perché l'anima capisca che per attraversare la recinzione esterna e arrivare al portale che brilla prima dei suoi passi, è essenziale staccarsi dalla sua ambizione intellettuale e dall'orgoglio, dal desiderio egoistico di conoscenza, da tutto ciò che la separa dalle anime. sorelle. Così inizia a purificare la sua natura intellettuale, scrutando i motivi del suo sforzo e della sua azione, e esaminandosi attentamente nella luce che irradia incessantemente attraverso le finestre del Tempio e illumina la Recinzione Esterna con raggi di Vita spirituale. Questa luce rende le ombre più dense e il loro bagliore oscura le cose che sembravano così luminose nel mondo inferiore. Quindi capirà l'anima che deve purificare il desiderio concupiscente che ha portato nella sua personalità e intrecciato con il desiderio intellettuale.

Intraprenderà deliberatamente questo lavoro di purificazione, disponendosi di uno scopo fermo, consapevole e determinato per eliminare tutto ciò che complimenta la personalità e in un modo o nell'altro separa l'anima sia da quelle inferiori che da quelle superiori. Una delle lezioni apprese dall'anima nell'Involucro esterno è che l'unico mezzo per aprire le porte del Tempio è abbattere i recinti che lo separano dalle anime inferiori. Non appena l'anima demolisce questi recinti, quelli che lo separano dalle anime superiori cadranno a pezzi da soli, perché solo la porta del Tempio sarà aperta per coloro che desiderano attraversarlo, abbattere i recinti della loro natura personale e bramare di condividere con tutti ciò che ottengono . Così l'anima inizia a purificare la natura concupiscente, eliminando tutti gli elementi personali dal sé inferiore. Come purificarlo? Non dovrebbe essere distrutto, perché ciò che raccoglie funge da esperienza che diventa facoltà e si trasforma in potere; e proprio ora ha bisogno di tutti i poteri che ha raccolto durante il viaggio, quindi non distruggerà quanto raccolto, ma trarrà vantaggio dai poteri acquisiti, sebbene purificati e non grezzi. Come purificarli?

Sembra all'anima che sarebbe stato molto più facile distruggerli, che non avrebbe avuto bisogno di tanta pazienza per annullare alcune delle qualità acquisite, e sembra possibile annientarle in un colpo solo per sbarazzarsene. Tuttavia, non è così che sarà in grado di entrare nel Tempio, ma nel suo architrave deve offrire in sacrificio ciò che ha raccolto in passato, tutto ciò che si è trasformato in poteri e facoltà. Non deve entrare lì a mani vuote, ma piuttosto per portare con sé ciò che ha raccolto nella sua vita inferiore. Quindi, invece di osare distruggere, deve svolgere il più doloroso lavoro di purificazione, mantenendo l'essenza di tutte le qualità, eliminando al contempo qualsiasi cosa sia personale. Le lezioni apprese di virtù o vizio sono esperienze raccolte nel corso del suo precedente pellegrinaggio, quindi l'anima deve portare con sé l'essenza delle qualità come risultato della sua precedente ascesa; ma deve prenderlo come l'oro più puro da offrire davanti all'altare senza la minima particella di feccia. Esaminiamo alcune di queste qualità per vedere chiaramente cosa significa purificazione, perché se la comprendiamo in termini di una o due qualità, non ci sarà alcun inconveniente nell'estenderla agli altri, perché l'importante è sapere come realizzare Lavoro di purificazione. Considera innanzitutto una forza potente che ogni essere umano rinvigorisce nelle fasi inferiori del suo sviluppo, porta con sé mentre si evolve e alla fine deve purificarsi.

Questa straordinaria forza o qualità, la cui forma molto piccola è rabbia o rabbia e che serve all'uomo a farsi strada nel mondo, a combattere nelle battaglie della vita e spesso a superare ogni opposizione, nasce dall'anima attraverso la natura bassa e nelle prime fasi della sua evoluzione, quando supera le difficoltà che ne ostacolano il passaggio nel mondo inferiore, prima di imparare a governarla e dirigerla è un'energia indisciplinata, preziosa per essere un'energia tremenda, ma distruttiva nei suoi effetti banali di essere indisciplinata. Prima di entrare nella recinzione esterna, l'uomo deve aver trasmutato parte di questa energia dell'anima in una virtù positiva ampiamente esercitata nella vita del mondo con i nomi di nobile indignazione, orrore di iniquità, meschinità, malvagità e crudeltà e passione per la giustizia, fornendo servizi eccellenti al mondo profano con queste varie forme di energia distruttiva. Perché prima di entrare nella recinzione esterna, l' uomo ha lavorato per il mondo e praticato questa virtù, così che la sua passione è esplosa contro la crudeltà inflitta ai deboli e le ingiustizie dei tiranni sono state oltraggiate. Nell'esercizio di questa virtù ha imparato a eliminare da essa molte scorie; perché la rabbia che provava nelle sue prime vite era egoistica e causata da rimostranze o insulti inflitti alla sua persona. Quindi tornò colpo dopo colpo; ma ora è passato molto tempo da quando ha superato la brutale ira di natura inferiore che si manifesta in energia distruttiva contro le lesioni personali e il male corrisponde al male e all'odio con l'odio.

Prima di entrare nella recinzione esterna, l'uomo ha già trasposto questo stadio primitivo, imparando a trasmutare l'energia colerica in esso. Lo ha purificato in particolare dall'elemento personale ed è in grado di arrabbiarsi non tanto per le lamentele che riceve quanto per le ingiustizie su cui gli altri cadono. È più oltraggiato dall'alienazione degli altri che dalla sua, e quando vede che l'uomo forte corre crudelmente sugli indifesi, lo attacca a favore di lui. Così abituò l'ira santa a superare l'ira brutale; così la nobile passione soffocò la passione animale della natura inferiore e nelle vite già lontane del passato imparò ad eliminare le qualità grossolane della passione, non ad adirarsi per le offese inferite ma a beneficio di coloro che desiderano aiutare. Ricordiamo che quest'uomo aveva da tempo riconosciuto il dovere di servizio, uno dei cui mezzi era l'oppressione degli oppressori e la depressione dei tiranni.

La sua rabbia ardeva ardentemente contro ogni forma di iniquità a sostegno dei deboli e la sua recitazione era forse eroica nel mondo; ma nella tranquilla atmosfera dell'atrio del tempio, illuminata dai raggi di compassione assoluta che emanano dal luogo santissimo, non c'è posto per alcuna forma di ira o addirittura per la quale sia Purificato da antagonismi personali. Perché l'aspirante sa già che anche i malvagi sono suoi fratelli e che con la loro iniquità soffrono più di quelli che la affliggono. Aprendi que su noble indignaci n contra las injusticias, su apasionamiento por la rectitud, el fuego encendido en su pecho para consumir una tiran a que no le oprime, no es la caracter stica del alma que se esfuerza por acercarse a la Divi nidad, pues la Vida divina ama a todas las cria turas que env a al mundo sea cual sea su nivel y por muy atrasadas que est n en su evoluci n. El amor de la Divinidad que todo lo eman nada tiene fuera de s .

La Vida divina es el n cleo de todo cuanto existe y tan presente est Dios en el coraz n del malvado como en el del santo. En el Recinto Externo se reconoce a la Divinidad, por tupidos velos que la oculten, porque all se abren los ojos del Esp ritu y no hay velo alguno entre ly el Yo de los dem s hombres. Por lo tanto, esta noble indignaci n se ha de purificar hasta limpiarla de toda c lera y convertirla en una energ a que nada deje fuera de su auxilia dora ndole; hasta que esta potente energ a del alma sea pura en absoluto, capaz de ayudar en la misma medida al tirano y al esclavo y de abarcar dentro de sus l mites al opresor y al oprimido. Porque los Salvadores de hombres no escogen a quienes han de servir, pues Su servicio no tiene l mites y por servir a todos sin distinci n no odian a nadie en el universo. Lo que un tiempo fue c lera se ha convertido por la purificaci n en amparo al d bil, impersonal oposici n al malvado y perfecta justicia con todos.

Lo mismo que purifica la c lera ha de purificar el amor, cuyas primitivas modalidades, cuando el alma empezaba a evolucionar, fueron tal vez obscenas y groseras sin otro atractivo que la forma, con ego smo tal que ni siquiera se conturbaba por lo que pudiese sucederle al objeto de su amor. Seg n progresa el alma, m dase el car cter del amor y es m s noble, menos ego sta, menos personal hasta que se adhiere a la natu raleza superior del amado en vez de apegarse al aspecto externo, y se enaltece y purifica el amor sensual. Pero a n ha de ser todav am s puro cuando el candidato entra en el Recinto Externo del Templo, porque entonces su amor ha de haber empezado a perder su exclusivismo, manteniendo m s ardoroso su fuego, extendi ndolo a mayor esfera de acci ny purific ndolo de todo cuanto sea de naturaleza inferior. Esto significa que el amor de quien ha entrado en el Recinto Externo debe tener por propósito el servir al objeto amado y no a sí mismo, con la mira puesta en lo que puede dar y no en lo que puede recibir. De esta suerte irá el amor divinizando gradualmente su índole y efundiéndose en proporción a la necesidad más bien que a la valía de la recompensa.

Cuando el alma se esfuerce de este modo en la purificación podrá aplicar ciertas pruebas a todo el procedimiento por el cual pasa, y al valerse de su energía para hacer algún servicio a la humanidad, utilizará en este servicio como lanza de Ithuriel, la ausencia de personalismo, observando lo que en respuesta surge al bote de la lanza. Si al prestar un servicio y concentrar su energía en la realización de algo que le parezca meritorio, analiza esta obra y sus motivos advirtiendo que el yo está sutilmente entremezclado con la energía, que no le interesa tanto el éxito de la obra como el obrero, y que el descontento amarga la copa de su deleite al ver que otro lleva a cabo la obra en que él fracasó, prueba será entonces de que todavía predomina en el alma la personalidad, pues de lo contrario hubiera procurado tan sólo el feliz éxito del servicio aunque no contribuyera a él. Si nota el torcedor del disgusto en el fracaso personal, si la esterilidad de sus esfuerzos le deprimen y desalientan, y anublan por un momento su paz y serenidad, echa de ver entonces que en aquel torcedor y en estas nubes hay todavía algo de personalismo que es preciso eliminar y en consecuencia emprende la tarea de desembarazarse de esta debilidad y desvanecer las nubes de los ojos del alma.

Si al medir y comprobar la índole de su amor advierte algo de frialdad y disgusto cuando la persona amada se muestra indiferente a sus dádivas a pesar de amarla y servirla intensa y noblemente; si observa que el flujo de su amor propende a retroceder e interrumpir su curso porque las personas amadas no corresponden a su amor, también entonces el alma, tan severa consigo misma como compasiva con las demás, conoce que todavía queda en ella algo de personalismo, que aún obra con fines egoístas y no halla su más acabado gozo en la estricta gloria del servicio. Por lo tanto, el alma que está en el Recinto Externo del Templo procede a eliminar los residuos de personalismo hasta que el amor brota sin pedir recompensa ni esperar correspondencia, porque verdaderamente comprende el alma que mayor necesidad de amor hay en quienes a él no corresponden, y por lo tanto están más necesitadas de recibirlo las almas que en su presente estado no sienten el amor de auxilio.

De esta suerte trabaja deliberadamente el alma en sí misma por su desarrollo, purificando siempre la naturaleza inferior con incesantes esfuerzos e infatigable solicitud, sin jamás compararse con quienes están por debajo sino con Aquellos que se hallan por encima. Alza los ojos hacia Quienes ya vencieron y no los baja hacia los que todavía suben por el camino del Recinto Externo. No puede el alma tener ni un instante de descanso ni de contento hasta que al acercarse a su meta nota en sí menos oposición a recibir la luz de los Santos Seres que alcanzaron la divinidad . En el Recinto Externo no le asalta al hombre la tentación por sus vicios sino por sus virtudes. Sutilmente le acomete la tentación transfigurada en ángel de luz, sobre todo cuando el alma está progresando, y embiste siempre contra lo más noble y elevado, contra las virtudes, que a favor de la falta de conocimiento se convierten en tentaciones, pues como ya el alma ha transcendido el punto en que pudiera tentarla o mancillarla el vicio, únicamente con máscara de virtud puede la ilusión extraviarla.

Así aprende a ser rigurosa y solícita consigo misma, porque sus propios deslices y los de sus compañeras le han enseñado plenamente que como las virtudes de difícil cumplimiento en el mundo interior son muy fáciles para quienes están en el Recinto Externo, el enemigo las roba, por decirlo así, para convertirlas en tentaciones con que hacerla vacilar en el Sendero. Por lo tanto, ha de saber el alma que su única salvación está en vivir bañada por la luz del Yo superior, sin atreverse a llegar a la Puerta del Templo hasta que la Luz refulja radiantemente en el interior de su ser, por lo cual ha de esforzarse siempre en hacerse absolutamente diáfana. Porque ¿ cómo osaría el alma penetrar en una Luz en cuya comparación no es más que sombra todo lo en la tierra luminoso? ¿cómo atreverse a entrar en el seno de una Luz cuyos fúlgidos rayos ofuscan alojo impuro de suerte que toda virtud terrena resulta imperfecta y toda belleza mundana es vulgarísima fealdad? ¿cómo tener la audacia de entrar en el Templo, ante los ojos del Maestro, que la verían en toda su desnudez? ¿cómo permanecer allí con rastros de impureza en su corazón, cuando tan sólo una mancha ofendería la pura mirada del Maestro?

Por lo tanto, en el Recinto Externo son alegrías las mundanas tristezas y el sufrimiento purificador es el más bienvenido amigo. Así es que el gran Yogui el dechado maestro y patrono de todos los yoguis permanece siempre ante el ara donde en su presencia consumen las llamas cuanto tocan; porque en el corazón de quienes están en el Recinto Externo hay todavía ocultos rinconcitos aún no penetrados por la luz, y antes de entrar en el Templo es preciso que las vivientes llamas del Señor completen la purificadora obra, consumiendo cuanto se esconde en los recovecos del corazón del futuro discípulo. Se ha entregado a su Señor y ya nada retiene.

En la grandiosa ara sita ante la puerta del Templo arde el fuego abrasador que todos deben atravesar antes de que se les abra la puerta. En el fuego y más allá del fuego aparece la figura del gran Yogui de quien brotan las llamas cuya purificante virtud toman de la gloria de Sus pies. El gran Maestro acaba de purificar al discípulo, quien entra entonces por la puerta que para siempre lo separa de todo interés del mundo inferior, menos el del servicio, de todo deseo humano, menos el de trabajar por la redención de la humanidad. Nada hay ya en la tierra capaz de atraerle, porque ha visto el rostro de su Señor ante el cual palidece toda luz.

SEGUNDA CONFERENCIA GOBIERNO DEL PENSAMIENTO

En este punto más que en otro alguno se ahonda la diferencia de criterio entre el virtuoso y ecuánime pensador profano y el ocultista. Por lo tanto hemos de ir paso a paso desde el principio para señalar la causa de esta diversidad de criterio acerca de la índole de la mente, de su relación con el hombre, de la influencia que ejerce en el desenvolvimiento de la naturaleza humana, de sus funciones y manera de efectuarlas. La diferencia de criterio acerca de todos estos extremos depender del punto de vista en que se coloque el pensador, del concepto general que del mundo tenga y de la posición que en el mundo ocupe.

Con objeto de estudiar debidamente esta materia del gobierno del pensamiento, veamos cómo la consideraría un intelectual de mente equilibrada, sobrio en sus juicios y sin asomo de negligencia, frivolidad ni mundanería en la ordinaria acepción de estas palabras. Todo hombre bueno y virtuoso que deliberadamente se representa un ideal de virtud que se esfuerza en realizar y un concepto del deber que procura cumplir reconocerá, al representarse este ideal de virtud y formarse este concepto del deber, la necesidad de dominar y dirigir la naturaleza inferior. En esto no hay divergencia alguna. El hombre virtuoso a quien nos referimos dirá seguramente que se han de refrenar y someter las pasiones y apetitos del cuerpo, las bajas emociones que atropellan a las gentes irreflexivas y atolondradas, el aspecto de la naturaleza humana que actúa desde el exterior de suerte que induce al hombre a obrar desconsiderada, irreflexiva e impensadamente. Dirá que todo esto es la naturaleza inferior y procurará someterla a la obediencia de la superior. Si examinamos cuidadosamente el estado psicológico de un hombre tal, veremos que lo que en lenguaje vulgar llamamos un hombre equilibrado es capaz de gobernar mentalmente la naturaleza inferior, de suerte que el pensamiento domine al deseo. Más todavía.

Si con mayor detención lo examinamos y advertimos en este hombre recia voluntad, carácter entero y conducta recta, que aun en circunstancias difíciles acierta guiar en derechura su naturaleza inferior, colegiremos que tiene lo bastante vigorizada la mente para no determinarse a la acción movido por circunstancias externas ni por las atracciones que le rodeen ya las cuales responda la naturaleza animal, sino que veremos que se determina a la acción por un cúmulo de experiencias acopiadas en su memoria como recuerdo de pasados sucesos y comparación de sus consecuencias.

La mente actuó sobre todas estas experiencias ordenándolas

por decirlo así, y cotejándolas unas con otras, infiriendo de ellas por un intelectual y lógico esfuerzo un definido resultado que la mente retiene como regla de conducta, y cuando el hombre equilibrado se ve en circunstancias críticas y conturbadoras, que arrollarían a una voluntad flaca y aun acaso a cualquiera persona vulgar, ajusta su conducta a la regla establecida en el tranquilo instante en que no obraba activamente la naturaleza del deseo ni lo cercaban tentaciones, sin consentir que lo desvíen de su camino los halagos o impulsos del momento. Al tratar con un hombre así es fácil conjeturar cómo se conducirá, pues conocemos los principios sobre que fundamenta su conducta y la modalidad de pensamiento predominante en su mente. De su entero, definido e íntegro carácter cabe inferir casi con seguridad que a pesar de cuantas tentativas le asalten, realizará en el momento de la lucha el ideal representado en los momentos de calma y reflexión.

Esto es lo que en términos generales significa un hombre equilibrado. Es el que alcanzó una etapa de evolución algo elevada con el propósito puesto ya en obra de vencer, refrenar y dirigir su naturaleza inferior, de modo que al recibir externo est mulo para la acci n, pueda el alma conducirse noblemente repeliendo la acometida de cualesquiera tentaciones que la inciten a obrar abyectamente o de conformidad con los halagos de la naturaleza inferior. Hasta aqu hemos considerado un hombre vir tuoso, de car cter superior, ideas claras y sano juicio, que en modo alguno se deja zarandear por las circunstancias ni por los impulsos como les sucede com nmente a los caracteres indisciplinados o mal dirigidos.

Pero el hombre equilibrado a que nos referimos puede ascender a otra etapa donde estudiar una superior filosof a de la vida que le d mayores explicaciones acerca de la ac tuaci n de la mente; por ejemplo, puede estudiar las sublimes ense anzas teos ficas, ya tal como est n expuestas en obras antiguas o modernas, ya tom ndolas de la India, Egipto, Grecia y de la moderna Europa. En esta filosof a puede adquirir un nuevo concepto del universo y modificar notablemente por ello su actitud mental. Supongamos que este hombre ingresa en la Sociedad Teos fica cuyas principales ense anzas acepta. Entonces echar de ver con mucha mayor claridad que antes la enorme influencia de sus pensamientos y notar que cuando su mente act a ejerce el creador poder que tan familiar es para muchos te sofos, formando con su actuaci n definidas entidades constantemente enviadas al mundo exterior, las cuales operan en bien o en mal e influyen en la mente y conducta de gentes con quienes el creador de esas entidades mentales no est en directa relaci n personal. Entonces advertir que para influir de este modo en las mentes ajenas no es necesario que exprese su pensamiento con la palabra hablada o escrita ni tampoco hay necesidad de que el pensamiento manifieste de un modo u otro su acci n para que influya poderosamente en bien o en mal.

Comprender asimismo que por muy obscuro e insignificante que sea en el concepto mundano y por muy retra do que est de la vista de las gentes, sin relacionarse personalmente m s que con el peque o circulo de sus parientes y amigos, le ser posible influir ben fica o mal ficamente con el poder de su pensamiento, superior al de la exhor taci ny aun al del ejemplo, sin necesidad de co municarse de palabra ni por escrito con las gentes ni aunque se halle f sicamente aislado de los hom bres mundanos. As puede purificar o mancillar las mentes de sus coet neos; contribuir a favore cer o estorbar el progreso del mundo; realzar o deprimir en cierto grado el nivel de su raza; e independientemente de la eficacia que el vulgo reconoce en el precepto y el ejemplo, puede influir en la mentalidad de su poca mediante las sutiles energ as del pensamiento, con las activas formas lanzadas al mundo de los hombres y cuya operaci n es precisamente m s formidable porque son invisibles, y ejercen mayor influencia porque por lo sutiles no las perciben las gentes a quienes afectan. De esta manera, seg n adelanta nuestro hombre en conocimiento, tiene un nuevo concepto de la naturaleza del pensamiento y se hace cargo de la grav sima responsabilidad que contrae al pensar, es decir, al ejercitar las facultades men tales.

Comprende tambi n que esta responsabi lidad se extiende mucho m s all de cuanto su vista alcanza y que a veces puede ser efectiva mente responsable de muchos cr menes que se perpetran as como de muchas heroicidades que se realizan en la sociedad a que pertenece. En tonces reconoce la verdad del b sico principio seg n el cual no es nicamente responsable de una acci n el que la comete, pues como quiera que toda acci n es el concreto resultado o diga mos encarnaci n de uno o diversos pensamientos, todos cuantos contribuyen a generarlos participan de la responsabilidad de la acción. Por todo esto, considerando la vida bajo un más amplio concepto, tiene ya el hombre mayor cuidado con sus pensamientos y advierte que ha de gobernarlos, lo cual no se le ocurría mientras tuvo del pensamiento un concepto escuetamente mundano. Pero además del cuidado con que ha de gobernar la emisión de sus pensamientos por la responsabilidad que le incumbe, observará si prosigue en su estudio, que la índole de pensamientos que atraiga del mundo exterior dependerá en gran parte de la índole de sus propios pensamientos.

Así, no sólo es un imán que irradia líneas de fuerza mental por toda el área de su campo magnético, sino que también atrae todo cuanto responde a la fuerza magnética por él emitida; y en consecuencia, de la dirección en que la emita dependerá la buena o mala índole de sus pensamientos. De esta suerte comprende que al emitir un buen pensamiento no sólo cumple el supremo deber que con sus prójimos le liga sino que a sí mismo se beneficia, como siempre sucede cuando el hombre está en armonía con la ley de Dios. Al emitir un pensamiento noble, establece en sí un centro que por afinidad magnética atrae otros pensamientos de igual índole, los cuales auxilian y fortalecen su mente; pero también reconoce con pena y vergüenza que al emitir un pensamiento siniestro forma en su conciencia un centro igualmente siniestro que atrae los pensamientos viles flotantes en la atmósfera mental, acrecentando con ello sus malas inclinaciones de la propia suerte que los buenos pensamientos intensifican su tendencia al bien.

Y cuando advierte la mental confraternidad que enlaza a todos los hombres, transmuta la actitud de su mente, pues se hace cargo de la responsabilidad en que incurre tanto al dar como al recibir y echan de ver los lazos que de él se extienden en todas direcciones así como los que de todas direcciones concurren a él. Por lo tanto en su vida cotidiana da más importancia al pensamiento que a la acción, porque comprende que en las invisibles regiones se engendran cuantas fuerzas actúan en las vidas psíquica y orgánica. Pero nuestro hombre adelanta después otro paso y entra en el Recinto Externo. Es entonces un candidato que aspira a hollar el áspero y corto Sendero que conduce a la cumbre, es decir, que está en la etapa probatoria del Sendero; y por lo tanto, recibirá mayor conocimiento del correspondiente a quienes tan solo empiezan a comprender la naturaleza de la vida que los circunda.

El candidato que ha cruzado el umbral del Recinto Externo reconoce algo más allá y superior a la muerte, algo cuya relación con ella es análoga a la de ella con el deseo de la naturaleza inferior. De la propia suerte que en el transcurso de su evolución reconoce el hombre la superioridad de la mente respecto del deseo, así cuando entra en el Recinto Externo ( y aun antes de entrar porque precisamente el reconocimiento de lo que vamos a decir le conduce a la puerta y se la entreabre) reconoce que esta mente, al parecer tan grande y poderosa, que poco ha diputaba por el monarca gobernante del mundo, y de la que dijo un pensador que nada hay grande en el universo sino el hombre y nada grande en el hombre sino la mente, no es tan excelsa como le parecía al observarla con encegados ojos desde un bajo punto de mira, sino que al aclarársele la vista descubre en el universo algo superior a la mente que parecía lo mayor del hombre, algo más amplio y sublime que brilla un instante y al punto se eclipsa.

Aunque no todavía por definido conocimiento sino incompletamente y por rumores y conjeturas presiente el hombre haber percibido un vislumbre del Alma, y que hirió su mente un rayo de luz venida de más alto, de algo que confusamente y de extraña manera le parece que es la mente misma y está con ella identificado. Al principio se confundirá a tientas en las tinieblas sin acertar a distinguir entre la mente con la cual hasta entonces se había identificado y aquel algo muy superior a la mente, que parece identificarse también con él y sin embargo es mayor que él. Por esto no sabe desde luego de donde procede aquel vislumbre y recela que la esperanza en él despertada no sea más que un sueño.

Pero antes de continuar nuestro estudio, conviene definir las palabras , y que no han de ser para nosotros fichas de juego sino legítimas monedas que representen nuestras ideas o riqueza mental. Por lo tanto, veamos el significado de dichas palabras, o al menos el que les doy al emplearlas, definiéndolas claramente aunque no todos estén conformes con la definición. A mi entender el Alma es la individualización del Espíritu universal, el enfoque en un solo punto de la Luz universal. Es el Alma como un receptáculo en que se vierte el Espíritu de modo que lo de por Sí universal, vertido en este receptáculo aparece separado en su manifestación aunque siga siendo en esencia idéntico con el Espíritu universal. El propósito de esta separación es el desenvolvimiento de una individualidad; que en todos los planos del Universo exista una potente vida individualizada cuyo conocimiento abarque los mundos astral y físico, como ya conoce el espiritual y no haya solución de continuidad en su conciencia, y que sea capaz de construirse los vehículos necesarios para adquirir conciencia fuera de su propio plano, purificándolos después poco a poco, uno tras otro, hasta que no actúen ciegamente ni sirvan de estorbo sino de puro y diáfano medio de recepción de conocimiento en cada plano.

Pero la palabra receptáculo empleada como símil puede inducir a error, pues la dificultad en la expresión de las ideas consiste en que un símil acertado cuando se aplica a una idea, puede ser erróneo al aplicarlo a otra. Así el proceso de individualización no ha de entenderse en el sentido de construir un receptáculo y verter en él algo que a su configuración se amolde, sino que tiene más cercana analogía con la formación de un sistema solar. Retrollevando la imaginación a los orígenes de nuestro sistema planetario, podemos concebir un espacio en que nada hay visible para el ojo físico y parece vacío, aunque es real plenitud, donde surge una leve neblina demasiado tenue para llamarla así, por más que sea la única palabra significativa de esta inicial agregación. La neblina se va densificando más y más; a medida que transcurre el tiempo, es mayor su cohesión, y se deslinda cada vez del espacio circundante, hasta que la antes tenuísima sombra va tomando forma de más en más definida, de suerte que si pudiéramos observar esta construcción de mundos veríamos cómo la nebulosa se va condensando y configurándose a más y mejor en el espacio hasta constituir un sistema planetario alrededor de un sol central. Por tosco que resulte el símil, así ocurre en la individualización del Espíritu.

Primero es como una débil apariencia de sombra en el universal vacío, en realidad plenitud de plenitudes, y esta sombra se convierte en neblina que va concretando su forma más clara y definidamente, según adelanta en su evolución, hasta que por fin aparece un Alma, un individuo, donde al principio solo había la sombra de una creciente neblina. Tal es alegóricamente representado el proceso de formación de una conciencia individual, y considerándolo así cabe comprender cómo va desen­volviéndose el Alma en el dilatado transcurso de su evolución, pues en un principio no está del todo formada para sumergirse como un buzo en el Océano de materia, sino que lentamente va cohesionándose, por decirlo así, hasta constituir una porción individual del Espíritu universal, esto es, una individualidad siempre creciente en el transcurso de su evolución. El Alma [2] va pasando vida tras vida durante infinidad de años y siglos sin cuento. La evolucionante individualidad y su conciencia es resultado de las experiencias adquiridas en el transcurso de su desenvolvimiento.

Es el Alma aquella entidad que tan alto nivel alcanza hoy día en alguno de los Hijos de los hombres, y tiene tras sí un pasado siempre presente en su conciencia ampliamente desarrollada mientras holló el largo sendero de su peregrinación, y en la que se comprendían las experiencias de todas las vidas pretéritas. A cada nacimiento, cuando ha de acopiar nuevas experiencias, el Alma se infunde parcialmente en nuevas vestiduras para adquirir nuevas experiencias que agregar a las ya adquiridas durante las pasadas edades. Esta porción del Alma que así desciende a los planos inferiores para acrecentar el conocimiento que la magnifique, es lo que llamamos Mente, o sea la porción del Alma actuante en el cerebro y en él presa y aherrojada, de suerte que la abruma la pesadumbre de la carne y obscurece su conciencia porque no puede atravesar el tupido velo de materia. Toda la grandeza de la Mente se reduce a esta luchadora porción del Alma que con propósito de mayor desenvolvimiento actúa en el cerebro. Según va actuando manifiesta sus potencias en la medida que le consienten las limitaciones de la materia, y todo cuanto el Alma es capaz de manifestar de sí misma por medio del cerebro constituye la mente del hombre que será más o menos amplia según el grado de su evolución. Pero en el Recinto Externo comprende el hombre que el Alma es él, que la mente es tan sólo su pasajera manifestación, y por lo tanto reconoce que así como el cuerpo físico y los deseos de concupiscencia se han de supeditar a la mente, peculiar del Alma aprisionada, así la mente se ha de supeditar a la porción superior del Alma de la que es tan sólo proyectada representación temporal, un instrumento, un medio de manifestación necesario para que el Alma cumpla su tarea de recoger y asimilar experiencias. Comprendido esto ¿cuál será la situación de nuestro candidato?

Al paso que la mente se relaciona con el mundo exterior, observa y recopila nuevas experiencias, las clasifica, ordena y juzga, procediendo así en todo lo demás de su desenvolvimiento intelectual para transmitir los resultados al Alma que se los asimila y lleva consigo al devachán donde los transmuta en Sabiduría. Conviene advertir que la Sabiduría es muy distinta del conocimiento. Llamamos conocimiento al conjunto de hechos experimentados, de los juicios que sobre ellos forma la mente y de las conclusiones que infiere de los juicios, mientras que Sabiduría es la esencia extraída de todo este conjunto, lo que el Alma cosecha de sus experiencias durante su permanencia en el devachán, El candidato ya sabe todo esto y por lo tanto reconoce, hasta donde su penetración alcanza, que él, su Yo, es el Alma evolucionante a través de las vidas pasadas, y así comprende la razón de habérsele dicho que desde un principio debía distinguir entre el perdurable Yo y la mente que tan sólo es su pasajera manifestación en el mundo de la materia a fin de actuar en beneficio del Alma. Entonces advierte el por qu cuando el disc pulo encuentra el camino del Recinto Exter no, su primera exclamaci n en demanda de ense anza es: Oh! Maestro qu har para alcanzar sabidur a? Oh! Sabio qu para lograr la perfec ci n? De labios del Sabio brotan en respuesta estas palabras que al principio parecen extra as: Busca los Senderos. Pero oh! Lan, s limpio de coraz n antes de emprender la marcha.

Antes de dar el primer paso aprende a discernir lo ver dadero de lo falso, lo transitorio de lo sempiterno [3]. Despu s contin a el Maestro explicando la diferencia entre conocimiento y sabidur a, y lo que son la ignorancia y el conocimiento, y la sabi dur a que a los dos sucede, estableciendo as la distinci n entre la sabidur a propia del Alma y la mente que como un espejo refleja la luz aunque recoja polvo, y por lo tanto necesita que la brisa de la sabidur a del Alma la limpie del polvo de la ilusi n Si el candidato es prudente, refle xionar diciendo: Qu diferencia hay entre lo real y lo ilusorio y por qu influye en la manifes taci n de la mente? Cu l es la diferencia entre el reflejante espejo y el Alma que ha de sacudir el polvo del espejo para desvanecer la ilusi n? Qu parte desempe a la mente que tan poderosa parece, hasta el extremo de identificarla con el hombre en el mundo inferior? Cu l su funci n si, con todo, el primer paso en el Sendero es distin guir lo ilusorio de lo real, y la mente est sutil mente enlazada con lo ilusorio? Pero hay otras palabras que, seg n el candidato recuerda, las pronunciaron tambi n los Maestros de Sabidur a.

Recuerda una extra a frase referente al raj de los sentidos, al monarca gobernante de la natu raleza inferior, que en modo alguno es amigo del disc pulo. Recuerda que al comienzo de las ense anzas se le orden investigar este raj de los sentidos con el fin de conocerlo porque es el engendrador del pensamiento y el que despierta la ilusi n. Se le dice al disc pulo que la mente es el gran destructor de lo real, y que el disc pulo ha de matar al destructor [4]. Esto parece darnos la pista de un pensamiento que ilumine al candi dato en su investigaci n del raj, rey de los sen tidos que engendra el pensamiento, despierta la ilusi ny mata lo real. La realidad existe en el mundo espiritual. Seg n adelanta el proceso diferencial, surge la ilusi n engendrada por la evolucionante mente que a favor de su facultad imaginativa traza infinidad de cuadros e im genes y por medio de su facultad racional edifica en el aire los imaginados proyectos. La mente es para el disc pulo el creador de la ilusi n, el matador de lo real y as su primera tarea como disc pulo ha de ser matar al matador, pues si no se desembaraza de esta ilusiva facultad de la mente nunca ser capaz de ir m s all del Recinto Externo. Entonces vuelve a escuchar la voz del Maestro que le manda esforzarse en identificar la Mente con el Alma, y emprende la tarea de transmutar la mente inferior a fin de identificarla con la supe rior, anulando su ilusionante poder para que reconociendo su verdadera filiaci n se identifique nuevamente el Hijo con el Padre y los dos sean uno. Despu s recibe el candidato una ense anza que en m stico lenguaje le ordena destruir el cuer po lunar y purificar el mental.

Estudiando el sig nificado de estas frases se familiariza con los s mbolos y alegor as y entiende que el cuerpo lu nar es el cuerpo astral cuya ndole k rmica o con cupiscente ha de destruir al paso que purifica el cuerpo mental. El Maestro le dice: Limpia tu cuerpo mental porque s lo quit ndole el polvo de la ilusi n ser posible reintegrarse y fundirse con su Alma. Entonces advierte el candidato que obra ha de realizar con la mente en el Recinto Externo, pues conoce que él mismo, el Alma viviente, desenvolvió durante su secular ascensión, la fuerza que la capacita para formarse en su servicio un instrumento de uso individual que debe manejar conscientemente; por lo que en vez de ser la mente su dueño ha de ser sumiso esclavo, un instrumento útil en sus manos. Cuando el candidato adquiere este convencimiento, se le representa en toda su realidad la índole de su tarea y comienza a educar su mente por las cosas más sencillas, pues observará que la mente pasa fácilmente de un objeto a otro y es mudable, voluble, turbulenta, difícil de dominar y contener, según notó Arjuna hace ya cinco mil años. El candidato ha de domar su mente como se doma a un potro adiestrándolo para la silla de modo que al montarlo siga en derechura el camino por donde el jinete le guíe y no para que salte zanjas, fosos y setos, ni para que corra campo atraviesa en todas direcciones.

Así el candidato, en su vida diaria, donde ha de llevar a cabo toda esta obra, irá educando poco a poco su mente, acostumbrándola a pensar en actitud perseverante y definida sin consentir que las múltiples tentaciones circundantes extravíen su pensamiento en toda dirección. Ha de negarse a diseminar su pensamiento; ha de insistir en conducirlo por determinado y recto camino; evitará el estudio fragmentario de las cuestiones como si no tuviera bastante energía para sostener continuadamente la atención en un tema dado; rechazará la infinidad de tentaciones con que le halague nuestra frívola época ; y para mayor adiestramiento de su mente leerá con deliberado propósito libros cuyo asunto requiera persistente atención y persevere durante largo tiempo en una misma modalidad de pensamiento, sin saltar bruscamente de una cuestión a otra, pues esta volubilidad intensificaría la inquietud que obstruye el sendero hasta el punto de serle imposible proseguir su camino sin antes del todo vencerlo.

Así día tras día, mes tras mes, año tras año, irá elaborando su mente y adiestrándola en la persistencia del pensamiento, de modo que piense en lo que se proponga pensar. Ya no permitirá que sus pensamientos vayan y vengan de uno a otro objeto ni que se le aferren como ideas fijas sin poder desarraigarlos. Será el dueño de su casa. No importa que le sobrevengan dificultades en su vida diaria, pues le servirán para educar su mente, y cuando las dificultades sean muy espinosas y las ansiedades muy apenantes y le abrumen durante días, semanas y meses hasta el punto de moverle a tedio al reflexionar sobre ellas, dirá: No quiero retener en mi mente semejantes pensamientos de ansiedad y zozobra, porque nada ha de aposentarse en ella sin que mi elección lo invite, y todo cuanto venga sin invitación lo expulsaré más allá de los límites de mi mente.

Hay quienes no pueden conciliar el sueño conturbados por angustiosos pensamientos que no les dañan tanto como el tedio que causan en la mente. Con todo esto ha de acabar el candidato, porque no ha de permitir acción alguna sin su consentimiento y habrá de condenar a piedra y lodo las puertas de su mente cuando intenten introducirse los pensamientos advenedizos. Esta será una tarea difícil, larga y penosa, porque los malos pensamientos se empeñarán en entrar y él ha de rechazarlos una y otra vez y tantas cuantas se presenten, pues no hay otro medio de anular los siniestros pensamientos.

Pero ¿cómo lograrlo? Al principio convendrá substituir el mal pensamiento por otro de índole placentera, pero más tarde bastará el resuelto empeño de rechazarlo. Hasta que el candidato no tenga bastante fortaleza para atrancar la puerta de su mente contra los malos pensamientos y quedarse tranquilo, le valdrá más substituir por un pensamiento relacionado con lo permanente el pensamiento que ha de desechar relacionado con lo transitorio. De esta suerte logrará el doble propósito de invalidar el pensamiento en lo transitorio y habituar a la mente a posarse en lo eterno, adquiriendo con ello el convencimiento de que lo presente es pasajero y no vale la pena de conturbarse por ello. Descansando sobre el seguro apoyo de lo permanente, robustecerá la costumbre de posarse en lo eterno, que es el secreto de toda paz en éste y los demás mundos. Luego de educada así su mente y cuando la domine hasta el punto de hacerla pensar en lo que él quiera y desviarla de lo que él no quiera, dará el candidato otro paso todavía más difícil que los anteriores, pues se retraerá de la mente y ya no pensará con ella, no porque se vuelva inconsciente sino por el anhelo de más amplia conciencia, ni tampoco por que se debilite o aletargue su vida, sino porque es ya tan vívida que el cerebro no puede contenerla. Este explaye de la vida interna, este incremento de la vital energía fluyente del Alma, acabará por darle a entender al candidato que es posible llegar a una etapa en donde el pensamiento no derive ya de la mente sino que sea la conciencia del Alma. Mucho antes de tener continuidad de esta conciencia habrá de pasar el candidato por la etapa de aridez, vacuidad y oquedad, una de las más penosas de la vida en el Recinto Externo; y entonces tendrá vaga idea del significado de las palabras del Maestro: Refrena con tu Yo divino tu yo inferior, y refrena con lo Eterno lo divino [5]. El Yo divino es el Alma que ha de refrenar a la mente inferior; pero más allá del Alma está lo Eterno, y en el porvenir oculto en el interior del Templo, lo Eterno ha de refrenar a lo divino, como lo divino refrenó al yo inferior. Poco a poco va aprendiendo el candidato que ha de ser dueño de todo cuanto en su torno se relaciona con su mente, que llegará a una de las etapas del Recinto Eterno en donde le cerquen sutiles tentaciones que ya no embestirán contra la naturaleza inferior sino que se atreverán al ataque contra la superior, con el intento de valerse de la mente para perder al discípulo después de fracasar en su empeño de expugnarlo con el ariete de la concupiscencia y de los groseros halagos de la carne.

Después sobrevienen las insidiosas tentaciones que en numerosos tropeles engañan al hombre interno y le rodean mientras asciende por su áspero sendero. Por todos los lados le asedian las tentaciones del mundo mental, y así debe haber logrado completo dominio sobre las imágenes mentales de su propia creación, antes de poder mantenerse impertérrito, sereno e incólume entre aquella turba de atropellados pensamientos que le asaltan, no ya vigorizados y fortalecidos por las flacas mentes de los hombres terrenos, sino por un formidable impulso que entraña algo de la índole de las fuerzas del plano espiritual, aunque del aspecto sombrío que intenta matar el Alma y no del luminoso que anhela auxiliarla. En el Recinto Externo se encuentra cara a cara con estas potísimas fuerzas del mal que enérgicamente le acometen ; y si no logró dominarse en los límites de su mente ante los débiles ataques del mundo terreno ¿cómo podrá resistir a las huestes de la maligna entidad de Mara? ¿Cómo recorrerá esta cuarta etapa del Recinto Externo, en cuyo torno se apelotonan los enemigos del Alma, y por la que nadie puede pasar si no goza de absoluta paz? Después adquiere el Alma la fuerza derivada de la fijeza de la mente, ya tan robusta que puede posarse en lo que elija y permanecer allí inconmovible a pesar de cuantos torbellinos la circunden.

Es ya tan firme, que nada externo logra perturbarla, y tan vigorosa que ya no necesita esforzarse en anular cosa alguna, pues ha trascendido la etapa en que es indispensable el esfuerzo. Cuanto más fortaleza tenga el Alma, menos habrá de esforzarse en su actuación; y cuanto más potente, menos mella le harán las acometidas del exterior. Entonces llega la mente a la gloriosa etapa en que sin necesidad de matar los pensamientos caen sin vida junto al santuario, porque ya no necesita la mente matar ni que la maten, puesto que ya está limpia y es pura y obediente. Así comienza la identificación de la Mente con el Alma, resultando de ello que al chocar con la mente algo extraño, se anula por su propio impulso, es decir, que no hay necesidad de rechazarlo porque muere herido por la misma violencia del choque. Tal es la fijeza de mente comparada a una luz puesta en lugar resguardado de todo soplo. En este lugar de sosiego a la sombra de los muros del Templo, goza el candidato de absoluta paz y ( como dice el Kathopanishad II 20 ) libre de deseos y de inquietudes se adueña de su voluntad y con sosegados sentidos contempla la majestad del Alma, porque entonces ya no iluminan su vista entrecortados vislumbres ni vacilantes rayos de luz, sino que en aquella absoluta paz y serenidad, sin rastro de deseo ni la más leve pena, la majestad del Alma brilla esplendorosa sin eclipses y en toda su integridad la refleja la mente, que si antes era como polvoriento espejo o lago agitado por el viento, ya es pulimentado espejo de perfectos reflejos y lago tranquilo que a la montaña devuelve la imagen de sus árboles, y la de sus estrellas y arreboles al cielo. Pero ¿cómo así? La amonestadora voz nos habla de un momento de peligro por que ha de pasar el candidato poco antes de llegar a la etapa en que ya la luz no vacile. Es el momento en que la mente, a manera de alocado elefante enfurecido en la selva, empeña su última lucha con el Alma. ¿Cómo domar entonces a la mente?

Es su postrera porfía, el final esfuerzo que al verse amenazada de sujeci n intenta la naturaleza inferior para pre valecer contra la superior. Porque seg n nos dicen todos los libros que tratan de la Iniciaci ny de la Sabidur a oculta, cuando el candidato se acerca a la puerta del Templo y antes de atravesarla, todas las potesta des de la Naturaleza, todas las fuerzas mundana les se levantan contra l para derribarlo. Es la ltima lucha que ha de sostener antes de la definitiva victoria, y esta lucha es el viv simo reflejo de otra empe ada en planos inimaginables por lo superiores, donde los m ximos entre los mayores encontraron su camino. De esta lucha es s mbolo la ltima que cabe el Arbol sagrado donde recibi la iluminaci n que lo convirti en Buddha, sos tuvo Gautama contra las huestes en su alrededor arremolinadas con intento de cerrarle el paso. Aunque en planos much simo m s inferiores, tam bi n ha de sostener esta lucha crucial el disc pulo que en su presente vida se acerca a la puerta del Templo. C mo vencer en la lucha? C mo seguir las huellas de los que le precedieron en el sendero probatorio? En las palabras del Maestro hallar de nuevo el conveniente auxilio, pues de Sus la bios brota una insinuaci n capaz de guiarlo. Ne cesita se ales que le lleven al Alma Diamante[6] Qu es el Alma Diamante? La que se ha unido completamente al verdadero Yo, y sin defecto ni mancha enfoca con diamantina diafanidad la luz del Logos, para irradiarla a los hombres. El potente Nombre que acabo de citar, como pudiera citar otros Nombres de igual significado, aunque en diversos idiomas, es el del Alma superior a to das las dem s, el Alma Diamante, tan di fana, tan pura y sin tacha ni grieta, que por su medio alumbra a los hombres la luz del Logos. Es el Alma que miramos en los momentos de suprema aspiraci ny que nos atrae con s lo un vislumbre de su belleza y un toque de su lumbre.

Porque el Alma se remonta hacia su origen como la flor se explaya hacia la luz, y las señales que la atraen son los fulgentes resplandores del Alma Diamante derramados sobre la que, aunque débil y vacilante, es Ella misma, y con divina energía la impulsa a unirse con Ella. Cuando el discípulo tiene más perfecta comprensión descubre el significado de la frase: Alma Diamante, y se convence de que también en él encarnará el Alma Diamante. ¡Mira a tu interior! ¡Eres Buddha! Echa de ver entonces que mente y cuerpo son instrumentos para el servicio del Alma y tan sólo útiles y valiosos cuando funcionan para alcanzar lo superior. La devoción afina después las cuerdas de la mente en completa sujeción al Alma que a su vez las templa por virtud de la devoción, y entonces es la mente un instrumento a propósito para que lo pulse el Maestro y arranque de él toda melodía terrenal y celeste. Por fin el discípulo llega ante la puerta del Templo y se percata de que se ha encontrado a sí mismo, que el Alma es él y contempla entonces a un Ser todavía más elevado con quien aspira a unirse en el interior del Templo. Mientras estuvo ante la puerta unió su yo perecedero con su eterno Yo, la mente con el Alma. En este punto comienza a identificarse por adoración con el Supremo, pues reconoce que en su vida cotidiana puede el Alma estar en perpetua adoración prescindiendo de las tareas en que se ocupen mente y Cuerpo, y que la vida del discípulo es la ininterrumpida adoración del Supremo, la incesante contemplación del Alma Diamante. Reconoce también que mientras el Alma está así ocupada en el Recinto del Templo, el cuerpo y la mente trabajarán en el Recinto Exterior y en el mundo en favor de la menesterosa humanidad, pues son sus útiles o herramientas de trabajo en la vida terrena los que funcionan, entretanto su verdadero ser está en adoración. Entonces comprende el significado de la frase: – los ángeles del cielo ven cara a cara al Padre – porque la visión del Alma Padre es perpetua y ni las nubes terrenas pueden obscurecerla ni las obras del mundo estropearla. Mientras cuerpo y mente laboran, el Alma está en incesante contemplación, y cuando el Alma llega a este punto atraviesa el umbral, pasa del Recinto Externo al Templo de su Señor.

[1] La peregrinación de la humanidad durante su presente ciclo evolutivo consiste en pasar siete veces por una cadena de siete globos. En cada globo se detiene muchos millones de años durante siete veces y por lo tanto, como los globos son siete, hay cuarenta y nueve detenciones.

[2] De todo cuanto expone la señora Besant se infiere que toma como sinónimos las palabras Alma y Ego. En el actual estado de conocimientos teosóficos ha prevalecido definitivamente la palabra Ego para denotar la individualidad o verdadero hombre. – N. del T.

AUTOR: Annie Besant

Libro: Hacia el templo “Conferencias 1ª y 2ª” de Annie Besant

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